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Il nemico numero uno

Tra i tanti nemici che l’uomo ha, uno dei più pericoloso dei quali è l’ignoranza, ce ne è uno, pericolosissimo, più pericoloso di tutti i possibili nemici che lo attaccano dall’esterno, i quali sono facilmente controllabili e altrettanto facilmente contrastabili.
Il nemico di cui intendiamo parlare è un nemico, che lavora di nascosto, subdolamente, all’interno dell’uomo e che ha un potere talmente grande, da fargli perdere la tranquillità, la felicità, la pace interiore, rovinandogli la vita.
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Va da sé che l’uomo intelligente, una volta preso atto dell’esistenza di questo suo nemico interno, andrà ragionevolmente, se Allàh vuole, alla ricerca degli antidoti idonei a neutralizzarne l’attività.
Questo nemico che lavora come un tarlo nella sfera psicologica dell’uomo è quello che provoca la disperazione, la frustrazione; è fattore diabolico che al limite estremo di una patologia mentale insostenibile porta al cupio dissolvi, quel desiderio di auto-distruzione, che è l’anticamera del suicidio.
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Questo nemico è la maligna voce che senza parole, a fronte delle difficoltà, reali o immaginarie, in cui la vita si dipana, fa sentire all’uomo di essere incapace di fare qualcosa di utile, gli fa guardare gli altri con sospetto, inducendolo a trasferire negli altri nei suoi confronti quella diffidenza, che lui stesso prova nei confronti degli altri; gli riempie la testa con un devastante sentimento di auto-commiserazione, che lo paralizza per la paura di non essere capace di realizzare qualsiasi iniziativa gli venga in mente di intraprendere. È questo nemico interiore che instilla l’insoddisfazione delle forme del suo fisico nella ragazza in soprappeso inducendola a intraprendere dannosissime diete dimagranti con ossessivi controlli della bilancia fino a condurla, per paura di restare zitella, a una non di rado fatale anoressia.
Affrontare il nemico interno è di gran lunga meno facile dell’affrontare il nemico esterno, perché l’uomo per il suo innato istinto di conservazione individuale ha la capacità di riconoscere le persone a lui ostili dal loro atteggiamento nei di lui confronti, dai loro discorsi dai loro giudizi, per cui è in grado di reagire, evitandole, o difendendosi adeguatamente dalle loro aggressioni nei suoi confronti in maniera tale da neutralizzarle. Il nemico interno, invece, non agisce apertamente. Questo nemico interno è la mancanza di auto-stima, la mancanza di fiducia in se stesso, derivante da un sentimento di impotenza, per effetto di una presunta incapacità di realizzare i propri obbiettivi. Esso si nasconde nella valutazione erronea di tante cose, che per quanto possano essere vere, sono capite male, oppure sono delle scuse per auto-assolversi.
Tra queste cose c’è l’auto-critica; essa è autentica se serve, per aggiustare il cammino, eliminare dalla propria linea di condotta gli errori compiuti, mettendosi sulla strada giusta, ma è disastrosamente negativa, se presa come un alibi, per fermarsi, per gettare la spugna. Il Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, disse:
“Al-kàyyisu [la persona accorta] è l’uomo che sta attento a se stesso, si tiene lontano da ciò che è dannoso e fa del suo meglio per ciò che incontrerà dopo la morte. L’incauto, invece è colui che dà libero corso alle sue voglie e cerca da Allàh il soddisfacimento dei suoi vani desideri" [o come disse].
Per questo è stato detto che al-Kàyyisu è colui che è dotato di self-control sta attento a se stesso, sa fare i conti con se stesso con equilibrio, anche nelle non infrequenti circostanze difficili della vita, senza lasciarsi andare alla disperazione.Nel Sublime Corano, che vale sempre la pena ricordarlo è la Parola di Allàh che si presenta nel mondo sotto la forma dei grafemi della lingua araba e dei suoi suoni, l’Autore dice per bocca del profeta Yà‛qūb (Giacobbe) su lui la pace: “O figli miei, andate a fare ricerche di Yùsuf e di suo fratello e non disperate della misericordia di Allàh. In verità, non disperano della misericordia di Allàh, se non coloro che rifiutano di credere!” [Capitolo dodicesimo del Sublime Corano Sura di Yūsuf àyah 87].
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La differenza tra l’uomo che si lascia andare in balia delle suggestioni del nemico interiore e quello che ha il dominio di se stesso è che i pensieri di quest’ultimo non sono negativi, ma guidano verso la correzione di quello che un fa se fuori strada e una volta rientrato nella via giusta, lo stimolano a farlo con molta passione e convinzione. Per questo l’Islàm non accetta che l’uomo alzi la bandiera bianca della resa senza condizioni a questo nemico interno.
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L’uomo, per assumere un atteggiamento vincente di contrasto a questo nemico interno e impedire che la propria personalità cada vittima di esso, deve, ovviamente, conoscere le caratteristiche di questo odioso nemico; deve conoscerlo bene, per combatterlo al meglio. Questo nemico interno si presenta sotto molti aspetti deleteri e il principale di essi è la disperazione, la quale può essere bloccata, con la riflessione sulle cause che hanno portato a essa; infatti, analizzando, razionalmente, le cause del fallimento dell’iniziativa da cui essa deriva e prendendone atto, l’uomo impedisce a se stesso il bisogno ritentarla per avere successo.
Cosi egli deve sradicare dalla sua mente i pensieri negativi che, a poco a poco, diventano ossessione. Esempio di ossessione lo si vede in certe persone le quali, essendo fisicamente in soprappeso, imboccano la strada del difetto o dell’eccesso, per cui sprofondano nell’anoressia rifiutando psicoticamente il cibo, o, considerando irrimediabile la loro condizione fisica, compensano la loro insoddisfazione, mangiando a crepapelle, quasi a volerla esorcizzare.
Il demone della disperazione si annida nella mente dell’uomo sotto forma di accusa di incapacità di far qualcosa di buono, sicché egli attribuisce a se medesimo tutte le qualità negative [brutto, incapace, fallito,] perdendo la fiducia in se stesso. La disperazione porta l’uomo a chiuder la porta davanti a ogni critica degli altri e a non accettare consigli, perché chi non ha fiducia in se stesso non ha fiducia negli altri, e pensa che gli altri vogliano prenderlo in giro.
Il disperato è facilmente portato a perdere tempo e a esser negligente, dando importanza a cose che non hanno importanza a discapito della cose che hanno veramente importanza.
Questa, che abbiamo fatto, è una succinta panoramica di questa forma patologica, che è in crescente espansione nelle società, in cui la visione più diffusa del mondo è a base materialistica. In queste società moderne del progresso scientifico, dove è in continua espansione la produzione farmaceutica dei tranquillanti e degli ansiolitici, l’artefice della disperazione, che ha un nome, Shaytàn, ha sviluppato, anche la fallace arte, sempre materialistica di curare la psiche, dove si annida il male, per aggravarlo, al punto di far sprofondare le vittime nell’abisso della pazzia.
Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, ha creato per ogni malattia il suo rimedio e anche per questa malattia Egli ha creato il rimedio. Sta all’uomo fare ricorso a esso.
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La cura di questa malattia parte dalla presa di coscienza che la condizione dell’uomo sulla terra è la condizione di creatura.
La consapevolezza di questa sua condizione, porta l’uomo, che riesce a vedere che ogni parte del suo corpo ha uno scopo, a pensare che anche la propria esistenza, come soggetto personale, abbia uno scopo e che nessuno meglio del suo Creatore può indicargli il vero scopo della propria esistenza. Allora la cerca, e sempre se Allàh vuole guidarlo alla verità, trova questa indicazione nel Sublime Corano, quando Allàh, rifulga lo splendor della Sua luce, che ne è l’Autore, lo comunica, dicendo: “Non abbiamo creato gli uomini e i ginn se non perché mi adorino [Corano Sura LI [Quelle che disperdono,soffiando (sùratu-dh-dhāriyāt) ayah 57]. In questa comunicazione fondamentale il verbo che indica la finalità della creazione [perché mi adorino] non si riferisce solamente al culto, ma abbraccia ogni aspetto della vita dell’uomo; l’adorazione di Allàh non consiste, cioè, soltanto nella realizzazione dei cinque pilastri dell’Islàm, ma nel mettere in pratica tutto il codice di vita dell’Islàm in ogni relazione, in cui l’uomo è soggetto, e soprattutto nella relazione che lega lui, come creatura al suo Creatore.

Come?

Con il Ricordo Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, con la recitazione del Sublime Corano, che è la Parola di Allàh, dalla recitazione della quale l’uomo ricava non solo benefici spirituali, ma anche benefici materiali, che piovono sul fedele, grazie al Compiacimento di Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce; con lo studio della Vita esemplare del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, guida spirituale, modello di comportamento, precettore, indicato da Allàh come Maestro di vita; con lo studio della vita di coloro che da lui sono stati ammaestrati ed educati per essere maestri, i Ṣaḥābah, Allàh si compiaccia di tutti loro, che indicano la retta via, quella via che porta al compiacimento di Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, in questa vita e non senza il concorso della Sua Misericordia al Paradiso nell’altra. Dice Allàh, sia gloria a Lui l’Altissimo, nel Sublime Corano: “A lā bi-dhikri-llàhi tat‹mainnul-qulùb, che potremmo tradurre: “Non è forse vero che nel ricordo di Allàh i cuori trovano la pace?”. Sì, è vero! Nel Ricordo di Allàh [dhìkr] e nel rito di adorazione [aṣ-ṣalāh], che è stato istituito per il Ricordo di Allàh e nella recitazione salmodiata del Sublime Corano [tilāwatu-l-Qur‹ān] che, a detta del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, è la forma più elevata del ricordo di Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, c’è l’antidoto alla disperazione dell’uomo moderno. E Allàh è il meglio informato in materia.

N.° 185

Giumada II° 1435
Marzo 2014

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